La danza delle api e le virtù del polline

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Il sapere di mio nonno in un libro sulle api

Trovai un vecchio libro nella casa del nonno paterno. Era un libro sulle api.
Lui era un artista ed un apicultore.
Peccato che morì quando avevo 4 anni. Così non fece a tempo a raccontarmi la sua arte.
Allora lessi quel libro per comprendere l’amore del nonno verso l’insetto dell’ape.
Alla fine del libro capii che mio nonno aveva dedicato parte della sua vita a cercare” l’oro che sgorga dai favi”.
Credo che questo suo amore per le api fosse nato per caso, in una mattina di sole senza vento, osservando la danza delle api. Le api gli avevano rivelato che erano “trasportatrici d’oro” ossia il polline che raccoglievano con le zampe, trasportandolo dentro le borse tarsali.
Loro trasformavano il “nettare in oro” attraverso la digestione.
Così il nonno aveva creduto in quel sogno facendolo suo.

l’apicoltura

Emozioni di un apicultore

Mio nonno aveva cominciato a sognare il fluido nettare dorato, il miele,  che l’aveva reso apicultore.
Forse era stato attratto dal suo colore giallo, dorato che trasmetteva vita e calore.
Così lo visualizzai nel suo parato, davanti a casa a parlar con le api, come se fosse una di loro, e lo vidi volare con loro in mille danze tra i fiori. Così nella mia mente, sentii la melodia delle danze che effettuano in volo le api e toccai quella polvere dorata che cade sui fiori dopo ogni loro passaggio.

api su salix caprae

La danza delle api

Scoprii che api compiono delle vere e proprie danze di segnalazione ed indicazione delle fonti nettarifere.
In queste danze le api comunicano tra di loro per dirsi dove e quanti fiori ci sono da bottinare.
Le api compiono questa danza all’interno dell’alveare dove  si uniscono emettendo delle vibrazioni con il loro corpo. Queste vibrazioni generano una specie di danza scodinzolante a forma di otto.
Le api nella danza, indicatrice dei fiori,  tengono conto di tutte le variabili possibili, come la posizione dei fiori rispetto al sole, correggendo alla perfezione la traiettoria di volo in direzione dei prati fioriti, prevedendo anche la deviazione a causa del vento.
Se le api ripetono più volte questa danza significa che ci sono grandi distese di fiori e quindi fonti nettarifere importanti. Le api possono ripetere questa danza anche di notte.

Mio nonno sicuramente vide tutto questo e se ne innamorò.

l’amore di un fiore

Polline dei fiori, palline d’oro ricche di virtù

I ricordi di mio nonno apicultore mi fanno pensare a quanto mi piace il polline che spesso mangio al mattino a colazione. Lo degusto perchè mi piace la scia gialla che profuma di fiori che si forma nel bianco dell mio yogurt del mattino.
Mi piace sentire il gusto di quelle piccole “palline d’oro”, dalle diverse sfumature di giallo e di rosso perchè in bocca sento il gusto di un prato fiorito.

L’uso del polline ci assicura un benessere psico fisico totalmente naturale, infatti il polline contiene ben venti amminoacidi rispetto ai ventidue usati dall’organismo umano ed è un ottimo ricostituente, poi stimola il cervello  e le funzioni mnemoniche.
Serve per recuperare  la stanchezza psico fisica ed ha proprietà antibatteriche contro mal di gola e raffreddori.

Assumiamolo perchè è una grande fonte di energia pura allo stato naturale che dà forza immediata, stimolando in modo benefico il sistema immunitario.
Esso migliora la pelle perchè è un ottimo antiage oltre ad essere amico del colesterolo buono.

polline

Il mio primo barattolo di polline

Il mio primo barattolo di polline di fiori lo comprai da Daniele un’apicultore di Sanfrè – CN. Mi piacque molto perchè era un polline gradevole, essiccato a bassa temperatura per cui conservava tutta la dolcezza dei fiori.

L’importanza delle api

Le api sono insetti fantastici, più abili di qualsiasi ingeniere. Loro ci fanno splendidi doni e
garantiscono la sopravvivenza dell’uomo in questo pianeta. Per cui riconosciamo loro questo valore rispettandole appieno.

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3 Replies to “La danza delle api e le virtù del polline”

  1. Antonietta Fassi

    Oltre tutto cio’ che di fantastico hai descritto sulle api, vorrei aggiungere che ho scoperto da poco, che cio’ che di miele l’uomo, l’apicoltore, toglie all’arnia è una sovraproduzione.
    Mi fa piacere pensare che non si tolga nulla alle api, che sono in molti modi generose con l’uomo!
    Da un bordo……
    Antonietta

  2. Giovanni

    Non posso dimenticare quel giorno di più di mezzo secolo fa, quando (avevo 12 anni) mio padre mi accompagnava a Otranto con un vecchio “ducati 60” e per strada, in un posto di macchia spontanea dove fioriva il timo, fummo sorpresi dalla pioggia. L’unico riparo fu un deposito di una masseria a pascolo. A fianco c’era un piccolo aranceto recintato e dentro vi erano 30 alveari azzurri.
    Bellissimi, mai visto qualcosa del genere. Allora da noi gli unici alveari erano fatti di pietra, scavata a mano e tamponata con una tavoletta. Le api attaccavano i favi direttamente al soffitto e per prendere il miele bisognava tagliare dei pezzi e poi spremerli, distruggendoli. Dopo poco tempo venne a ricoverarsi dalla pioggia anche il pastore… così, aspettando che spiovesse, mio padre, per sua curiosità, prese a fargli domande…
    -quanto produce un alveare?
    -30 kg.
    -Quanto si vende a kg?
    -1.000 lire.
    quanto costa un alveare?
    30.000 lire.
    Ma poi come si riproducono?
    Ogni anno fanno uno sciame…
    Discorsi bruti, prettamente economicistici…
    Ma parlavano di sostenibilità;di “fai da te”, di prezioso nettare da utilizzare…
    Io prendevo nota di tutto….
    Cominciai subito una ricerca febbrile su come si poteva costruire un’arnia; su come si gestivano gli alveari, in un paesello dove non c’erano e nessuno mi sapeva dire niente… ma alla fine ebbi le informazioni minime; costruii due arnie e relativi telaini e cominciò l’avventura. Avevo 14 anni e i genitori contro… ma ero testardo. Dalle muraglie della chiesa ogni anno uscivano degli sciami e in pochi anni arrivai ad avere 40 alveari… l’avventura durò 30 anni, fin quando arrivò la varroa, il terribile parassita delle larve.
    A quei tempi ero in Africa per un lavoro di più di due anni; le api le avevo affidate a un amico non molto esperto; quando tornai purtroppo erano tutte morte….
    Dovetti arrendermi, perché dovevo ripartire per la Bolivia. Ma anche perché i tempi bucolici dell’apicultura erano finiti. Con il futuro questa attività diventava ormai un impegno che richiedeva una vigilanza costante che non ero in grado di assicurare…
    NOTA: come diceva Patrizia, le api bottinatrici, giungendo all’alveare cariche di nettare o di polline, comunicano alle altre la posizione della risorsa attraverso la danza. Esse comunicano la direzione (l’angolo formato da questa con il sole in quel momento) e la distanza dall’alveare. Questa modalità di fornire le informazioni topografiche si chiama “coordinate polari”

    1. Patrizia Gaidano

      quello che mi scrivi è pura poesia d’altri tempi…mi fa sognare! Anche io ho sempre pensato di far tornare le api in modo naturale utilizzando ad esempio dei tronchi cavi che fungano da arnia come fanno forse ancora in Africa…

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